ARIANESIMO

Dottrina cristologica elaborata da Ario. Condannata come eretica dal concilio di Nicea nel 325, fu oggetto di una lunga disputa durata fino al 381. Costantino riammise nella capitale il vescovo ariano Eusebio di Nicomedia (dal quale ricevette poi il battesimo nel 337) e spostò i suoi favori verso gli ariani, deponendo ed esiliando il maggiore dei loro avversari, il vescovo di Alessandria Atanasio. Un concilio convocato nel 343 a Sardica (attuale Sofia) dai due figli di Costantino, Costante e Costanzo II (quest'ultimo filoariano), non riuscì neppure a riunire in seduta comune i vescovi orientali ariani e quelli occidentali favorevoli ad Atanasio. Rimasto unico imperatore, Costanzo II convocò nel 359 in due distinti concili, a Rimini e a Seleucia, i vescovi occidentali e orientali e impose, in sostituzione della formula del credo approvata a Nicea, una nuova dottrina. Questa cercava di ristabilire l'unità religiosa dell'impero evitando di usare il termine niceno (giudicato inaccettabile dagli ariani) omoousios (della stessa sostanza del Padre), ma anche non menzionando le dottrine ariane più estremiste, per le quali vi era stato un tempo in cui il figlio non esisteva. La formula nicena venne poi restaurata dal concilio di Costantinopoli (381), ma nel frattempo l'arianesimo si era diffuso fra i goti (Ulfila) e per il loro tramite fra burgundi, svevi, vandali e longobardi. Come religione nazionale dei germani sopravvisse fra i visigoti di Spagna fino alla conversione del re Recaredo (589) e fra i longobardi fino alla conversione del re Ariberto (653).
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